Hai mai difeso un acquisto di impulso, anche se poi si è rivelato deludente?
Hai mai raccontato una vacanza mediocre come se fosse stata indimenticabile?
O continuato a supportare un brand, solo perché… lo avevi già scelto?
Non è solo questione di orgoglio o di narrazione.
È il nostro cervello che, pur di sentirsi coerente, riscrive i ricordi a nostro favore.
Questo meccanismo ha un nome: Choice-Supportive Bias.
Un bias cognitivo che ha molto da insegnare a chi si occupa di branding, marketing e comunicazione.
Il Choice-Supportive Bias è la tendenza a ricordare in modo più positivo le opzioni che abbiamo scelto e a svalutare (spesso inconsciamente) quelle che abbiamo scartato.
È una forma di auto-giustificazione che il cervello mette in atto per ridurre la dissonanza cognitiva: quello stato di disagio mentale che si attiva quando le nostre azioni non sono in linea con ciò che crediamo o vogliamo credere.
A livello neurobiologico, sono coinvolte aree come il nucleus accumbens e la corteccia prefrontale ventromediale, responsabili della valutazione soggettiva e della motivazione.
Uno studio di Henkel & Mather (2007) ha dimostrato che, dopo aver scelto tra due auto usate, i partecipanti ricordavano più dettagli positivi del veicolo scelto — anche quando quei dettagli non erano mai stati forniti.
Il cervello aveva letteralmente modificato il ricordo per rendere la decisione più coerente con l’immagine di sé.
Questo ci dice che, una volta compiuta una scelta, l’essere umano è biologicamente predisposto a difenderla. Non importa quanto razionale fosse al momento. Importa che “ora è nostra”.
Perché il momento post-acquisto è una fase critica, spesso sottovalutata.
Quando un cliente ha appena acquistato, il suo cervello è in una fase di elaborazione e valutazione.
Sta cercando conferme. Sta decidendo se sentirsi soddisfatto — oppure no.
Un brand che riesce ad accompagnare questa fase con messaggi coerenti, rassicuranti e allineati ai valori del cliente, può rafforzare la relazione.
Al contrario, chi si disinteressa del post-vendita rischia di lasciare spazio al rimpianto.
Il cliente ha bisogno di sentirsi sicuro della sua scelta.
Supportalo con contenuti che confermano il valore della decisione:
Non si tratta di manipolare, ma di guidare la percezione in modo costruttivo.
Il marketing spesso si concentra troppo sulla fase “top of funnel”, dimenticando che chi ha già comprato ha bisogno di essere rassicurato, non convinto da capo.
Usa:
Tutto deve trasmettere un messaggio chiaro:
👉 Hai fatto bene a sceglierci. E ora te lo dimostriamo.
Quando un brand riflette i valori, lo stile di vita o le aspirazioni del consumatore, il Choice-Supportive Bias lavora a suo favore.
Il cliente sarà più portato a difendere quella scelta, anche in caso di problemi o imprevisti.
Qui il branding diventa più di una questione visiva: diventa progettazione neurostrategica.
Usare i bias cognitivi nel marketing non significa approfittarsi del cliente.
Significa conoscere come funziona la mente per creare esperienze più fluide, coerenti e soddisfacenti.
Promettere troppo, creare aspettative irrealistiche o semplificare eccessivamente la realtà può avere l’effetto opposto: il cervello, quando si sente tradito, attiva la memoria negativa.
E recuperare la fiducia è molto più difficile che perderla.
Il Choice-Supportive Bias non è un semplice “trucco psicologico”, ma un meccanismo profondo che influenza ogni fase del customer journey.
Capirlo significa poter:
Perché nel marketing, come nelle relazioni, non vince solo chi conquista.
Vince chi riesce a far sentire le persone bene con la scelta che hanno fatto.
Il mio blog è costantemente aggiornato con contenuti divulgativi di qualità con lo scopo di rendere accessibile le mie conoscenze su neuroscienze, branding e digital.
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